PILLOLE
DI MISERICORDIA “Gesù annuncia la misericordia di Dio” Enzo BIANCHI
1)
La misericordia, inciampo e scandalo per i credenti: la misericordia scandalizza le
persone più religiose che fanno la fatica più grande per essere giusti e
finiscono col credersi giusti. Il motivo principale della condanna a morte di
Gesù può rinvenirsi nella sua misericordia, per aver predicato la misericordia
di Dio in un modo che scandalizzava i giudei, destabilizzando l’immagine di Dio
che loro avevano dentro di sé, che aspesso arrivava a dare a Dio un volto
perverso, come qualche volta ha fatto la
Chiesa stessa. Benedetto XVI ebbe il
coraggio di dire che l’immagine di Dio che la Chiesa spesso ha dato agli uomini
è stata causa di ateismo più delle
ideologie del secolo scorso.
2)
La motivazione dell’anno giubilare: a) mutare il volto di Dio non
misericordioso che ancora qua e là è predicato nello spazio ecclesiale (
tendenza alla condanna in nome della giustizia di Dio, come se quest’ultima
fosse una giustizia umana). Nel Vangelo
e nella predicazione di Gesù la misericordia non è cosa diversa ma è immanente
alla giustizia di Dio, come già i profeti dicevano. (v.Osea, in cui Dio
rimprovera il popolo di Dio dicendo che dovrebbe castigarlo ma non può perché
il cuore si ritorce contro di lui, invitandolo a perdonare il popolo). In ebraico
la misericordia è espressa con un termine che indica le viscere femminili,
l’utero, uno spazio riservato ad un altro e significativamente nella ns.
cultura dove c’è un sentimento profondo passionale, noi facciamo riferimento
alle viscere materne; il che ci permette di dire di Dio che ha un padre con le
viscere materne, il suo amore è come
quello di una madre che non può rinnegare il figlio; b) attenuare il rigore riguardo ad alcune situazioni
familiari: la Chiesa ha nei vangeli
un’affermazione molto esplicita e dura di Gesù riguardo al divorzio, tale che
ammette la separazione che non è peccato anzi in certi casi è doverosa (Papa
Francesco) per non danneggiare i coniugi e i figli ma esclude la possibilità di
un nuovo matrimonio (indissolubilità del matrimonio). A fronte di questo rigore
dottrinario, oggi la Chiesa si interroga se nel nuovo contesto culturale
caratterizzato dall’autonomia e dall’emancipazione della donna in cui la separazione
è molto frequente, sia per la superficialità delle storie di amore e la
leggerezza o immaturità con cui si affronta il matrimonio sia per la maggiore
difficoltà di viverlo in sintonia, che porta ad una situazione di estraneità
dell’uno verso l’altra, in questo contesto in cui dalla separazione nascono
storie d’amore più autentiche della prima,
non sarà possibile col passare del tempo, riscontrando l’autenticità di
queste nuove storie, ammettere che queste coppie divorziate non solo appartengono alla chiesa
( e questo dovrebbe essere scontato anche se certi atteggiamenti ecclesiali non
vanno in questa direzione) ma possano, a certe condizioni e dopo un cammino di
preparazione, essere ammesse alla comunione, per non privarle dell’eucarestia
nel cammino verso il Regno? Questo argomento all’attenzione del Sinodo sulla
famiglia non significherà cambiare una verità di fede fondamentale (
indissolubilità del matrimonio) ma esaminare queste situazioni in un’ottica di
misericordia ( v. la possibilità per coloro che rinunciano al sacerdozio o ad
una vocazione religiosa di fare la comunione).
3)
Come Gesù concepiva la misericordia;
la parabola del padre misericordioso:
Luca cap. 15,
(Parabola impropriamente chiamata “del
figliol prodigo” mentre in realtà il vero prodigo è il padre). Gesù nella sua vita itinerante incontrava i
peccatori pubblici/pubblicani, cioè coloro che hanno peccati che si vedono.
Gesù frequentava le prostitute e sceglieva
i suoi discepoli tra i pubblicani, procurandosi il disprezzo dei farisei,
che si sentivano “separati” dagli altri in virtù della loro scrupolosa religiosità; gli scribi, invece erano i
teologi, gli esperti della Legge. Gesù destabilizza queste categorie, arrivando
a dire di non essere venuto per i giusti ma per i pubblicani e le prostitute
che addirittura avrebbero preceduto scribi e farisei nel regno dei cieli.
4)
Un uomo aveva due figli. Gesù motiva questo suo
atteggiamento con la parabola del Padre misericordioso, che si apre con la
dizione molto generica “Un uomo aveva due figli”, un uomo, ad evidenziare che la parabola è
rivolta a tutti, non si parla di una speciale ma di un uomo in genere, non
identificato neanche come Giudeo o credente, ma semplicemente come uomo, e
stranamente non si menziona la madre, alludendo alla diversità di situazioni
che possono presentarsi in una famiglia ( forse la moglie era morta o lo aveva abbandonato?).
5) La scelta del figlio più giovane e
l’atteggiamento del padre Il più giovane rivendica la parte che
gli spetta, prima ancora che il padre sia in punto di morte, atteggiamento che
si ripropone spesso anche ai giorni nostri: il padre accetta e divide tra i due
figli le sue sostanze ( in greco “divise
tra i due la sua vita”), dimostrando di essere un padre diverso dagli altri
perché accetta la richiesta lasciando libero il figlio di fare le sue scelte.
Tramutate le terre in denari il figlio parte e va in una regione lontana dove
vive in una maniera dissoluta (meglio “insensata”), abbandonandosi ai piaceri
della vita. Piaceri che vissuti con giudizio, rispettando la propria libertà e
quella degli altri non sono di per sé un
male; evidentemente quel giovane è andato via di casa perché cominciava a sentire
quell’ambiente un po’ stretto, come succede spesso anche ai giovani
che , per un desiderio di libertà, abbandonano la casa ma poi si
perdono. 6). La partenza: una scelta di libertà. Nel testo greco, dopo che aveva
dissipato la sua ricchezza, letteralmente si legge “
Allora andò e si attaccò ad uno degli abitanti di quella regione ; avrebbe
voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i maiali, ma nessuno gliene dava”
descrizione che costituisce una
pennellata straordinaria, perché sottolineata il degrado e l’isolamento in cui
con la sua condotta era caduto, al punto che nessuno gli dava neanche le
carrube, di cui in abbondanza si cibano i maiali, che per gli ebrei e per i
mussulmani erano gli animali immondi per eccellenza; Gesù evidenzia che tra i
bisogni fondamentali dell’uomo non c’è solo il cibo ma la vicinanza di qualcuno
che lo porga ( v. esperienza del bambino con la madre prima dello svezzamento),
sottolineando l’importanza del preparare da mangiare come segno di affetto
verso il commensale. Quel figlio, in quella condizione era diventato un uomo
senza dignità, maledetto dalla legge perché mangiava con i.porci.
7).Il ritorno: una decisione di opportunità
e furbizia. Toccato il fondo quel giovane cominciò a pensare a se stesso,
di fronte all’alternativa di peggiorare quella situazione o cercare di porvi
riparo, ponendosi delle domande e facendo, spinto dalla necessità, una scelta che
non esprime pentimento ma solo furbizia e opportunismo: quella di tornare
dal padre e chiedergli ( quasi un comando) di trattarlo come un servo,
condizione senz’altro migliore di quella in cui si trovava. Questo atteggiamento si rinviene spesso anche
nelle nostre storie sbagliate, perché il pentimento è indotto normalmente da
due circostanze, la prima è se l’azione compiuta provoca un danno alla salute
(paura), la seconda è se gli altri scoprono il peccato commesso
(vergogna); ma se non ricorrono queste
due circostanze, si continua a perseverare nel peccato.
8).L’inconsueto comportamento del padre. Gesù continua il racconto: “ Si alzò e s’incammino verso suo padre;
quando era ancora lontano, suo padre lo vide, fu preso da viscerale
compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio
gli disse : ‘Padre ho peccato contro te e contro il cielo, non sono più degno
di essere chiamato tuo figlio”. Il fatto che è il padre a vederlo, e non la
madre, evidenzia che questo è un padre con viscere materne (viscerale
compassione, una stretta alle viscere), che gli va incontro, lo abbraccia, lo
bacia.
9).
Il momento della conversione. Il
padre non gli permette di dire “ trattami come un servo”. Questo è il momento della conversione, perché solo allora
il figlio, di fronte all’amore gratuito di suo padre, capisce che il padre non
corrispondeva all’immagine che lui aveva e che in effetti lui non l’aveva mai
conosciuto. Una descrizione poco
corrispondente a come oggi sarebbe vissuta questa situazione: la madre si
sarebbe accorta del ritorno del figlio e sarebbe andata dal padre ad
intercedere per lui, il padre chiuso in una stanza le avrebbe detto di
mandarglielo, dopo di che gli avrebbe fatto una paternale, mettendolo per un
certo periodo alla prova, secondo i criteri della giustizia umana.
10).La giusta sequenza. Subito
dopo il padre intima ai servi di vestirlo con l’abito più bello, di mettergli
l’anello simbolo della riacquistata dignità e di preparare la festa per il ritorno: in effetti appare
come una figura di padre molto strana.
Attenzione la sequenza peccato, castigo, perdono con cui molte volte
viene commentata questa parabola, non ne è la giusta chiave di lettura anzi è
una perversione del messaggio di Gesù;
la giusta sequenza mostrata da Gesù è peccato, perdono, conversione, perché noi
da soli non ci convertiamo ( v. Geremia “Signore convertimi, ed io mi
convertirò”). 11). Le recriminazioni del figlio maggiore. La parabola poteva
concludersi qui e già diceva molto sull’amore infinito di Dio e sulla sua
misericordia, ma Gesù continua “ e
cominciarono a fare festa. Ora suo figlio, il più anziano era in campagna e
quando venendo s avvicinò a casa sentì le musiche e le danze. Chiamato uno dei
servi si informò: ’Ma cosa sta succedendo?’ Quello gli disse: ‘ E’ arrivato tuo
fratello e tuo padre ha ucciso il vitello ingrassato perché lo ha riavuto sano.’
Allora lui si adirò e non voleva entrare nella casa” Siamo di fronte a un
nuovo quadro che mette in risalto la rettitudine del figlio grande che censura
il comportamento del figlio e l’atteggiamento del padre, con una reazione molto
umana. 12).
Un Dio in uscita: Gesù continua “Ora suo padre uscito lo pregava” ,
evidenziando come ancora una volta il padre prende l’iniziativa ed esce per
andare a pregarlo di entrare in casa, mentre il figlio, recriminando, gli
ribatte: “Ecco io ti ho servo da tanti
anni, non ho mai trasgredito un tuo comando e tu mi hai mai dato un capretto
per far festa con i miei amici?; ma ora che questo tuo figlio, il quale ha divorato il patrimonio con le prostituite è
tornato, per lui hai ammazzato il vitello ingrassato” Da notare che non
dice “Mio fratello” ma “Questo tuo figlio”, prendendo le distanze da lui, come
spesso accade nei litigi tra moglie e marito a causa dei figli. Il padre
risponde al primogenito “Figlio mio,
figlio mio, tu sei stato a casa e io son sempre con te e tu sei sempre con me,
e tutte le cose mie sono tue; ma occorreva far festa e rallegrarsi perché
questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato.
ritrovato”
13).
La natura del peccato La parabola evidenzia che entrambi i
figli erano indegni del loro padre, con un giudizio più favorevole per il più
giovane capace di prendere una decisione e mettersi in discussione, rispetto
all’inerzia dell’altro che pur essendo rimasto a casa, credeva di conoscere il
padre ma in realtà non lo conosceva e viveva da schiavo in casa a tal punto che
non si sentiva libero di prendere un capretto per far festa con gli amici,
espressione quest’ultimo di una religiosità che non libera ma opprime, perché
legata alla raffigurazione di un Dio severo
che pretende obbedienza. In definitiva tutti e due non avevano conosciuto la
vera natura del padre: il primo ha vissuto la sua familiarità come una
prigione, l’altro è stato sempre in prigione pensando che questa fosse ciò che
gli competeva. 14). Una parabola in attesa di una conclusione Ma il dramma è che la
parabola finisce qui, ed è l’unica parabola del vangelo che finisce senza una
conclusione, si chiude con la rappresentazione del padre che supplica il figlio
di entrare. Una conclusione che rappresenta l’invito che Dio rivolge a ciascuno
di noi di entrare, perché è misericordioso e come lo è stato con chi si era
perso, lo è anche con chi non l’ha capito stando a casa. Una parabola che tocca
credenti (figlio maggiore) e non credenti (figlio minore), a rivedere una
mentalità che ci fa concepire gli altri
come i dissoluti, i peccatori mentre Dio si rivolge non solo a loro ma anche a
noi che non abbiamo compreso la sua misericordia proiettando addirittura su di
lui l’immagine di un Dio perverso. Del resto chi può dire di non essersi mai
perduto, in maniera manifesta o non manifesta? Chi può dire di non essersi
rivoltato talvolta contro Dio o di non aver sentito il Vangelo come una
prigione, come una legge di cui liberarsi? Il vero peccato in questa parabola è
non aver riconosciuto Dio misericordioso e l’anno della misericordia, è un
invito a conoscere il vero volto di Dio ed a raccogliere il suo invito ad
entrare in casa; un invito rivolto a tutti sia che siamo sulla strada sbagliata
sia che pensiamo di essere sulla strada giusta.
(S (Scheda e montaggio video a cura di Onofrio di Gennaro/Parrocchia S.Bernardino,Torino)